Il PaviaPride 2015 è stato, per la nostra città, una specie di coming out municipale e sociale, il giorno felice in cui Pavia ha gioito della propria inclusività, in cui si è scoperta e si è amata come città plurale, che sa accogliere e condividere le differenze. L’energia di quella giornata ci sta accompagnando verso il PaviaPride 2016: il tema del coming out vuole essere continuità ideale con quella festa liberatoria e libertaria; vuole essere solidarietà e incoraggiamento per chi ancora vive nell’ombra; e vuole promuovere il coming out come mezzo con cui ogni persona lgbt può avvicinarsi alla consapevolezza di sé: il primo atto di autocoscienza e di visibilità, e quindi il primo mattone per la costruzione di una società più giusta. Il coming out, per le persone lgbt, è un momento fondativo d’identità e di libertà, è un rito di passaggio individuale, un momento apparentemente privato, personale, ma che si riflette sul mondo intorno, facendosi potente gesto politico. Nel percorso di scoperta e accettazione di sé, le lesbiche, i gay, i bisessuali, le persone trans attraversano molti e diversi coming out. Il primo – e forse il più difficile – è il coming-out con se stessi: è la vittoria nella lotta contro la propria omotransfobia interiorizzata, spesso fomentata dalla realtà familiare e sociale, che ancora oggi, in molti contesti, propone l’eteronormatività come l’unica strada praticabile. Questo primo coming-out è seguito spesso da quello familiare, altrettanto difficile perché ostacolato dalla paura che l’amore dei propri genitori o dei propri congiunti possa essere messo in discussione dal pregiudizio. Una paura logorante, profondissima, difficilmente comprensibile per chi non l’ha vissuta, e che una volta vinta, segna un passo essenziale verso la propria affermazione e la propria libertà. Oltre sé, oltre la propria famiglia, c’è il mondo che abitiamo. C’è la scuola – dove troppo spesso bullismo e omobullismo sono la manifestazione, per il bullo e il suo bersaglio, di feroci e divaricate sofferenze. Chi, come noi, ha maturato anni di esperienza dentro le scuole, sa bene quanto il coming out produca consapevolezza e orgoglio di sé, il più potente scudo contro gli attacchi, la derisione o addirittura la violenza, e il più gioioso motore di inclusione fra i propri compagni di classe. C’è il luogo di lavoro – dove a una persona lgbt può capitare di essere circondata da maschilismo, pregiudizio, discriminazione. Essere se stessi, esprimersi per quello che si è, non soltanto migliora le proprie condizioni di lavoro, ma produce e afferma la cultura dei diritti. Per tutti. E poi ci sono i mille luoghi e contesti che ciascuno attraversa nella propria vita: il coming out stimola la visibilità e la visibilità è, sempre e in ogni caso, testimonianza; per coloro che ancora esaltano una società monolitica, costruita sull’imposizione di un’identità e non sull’eguaglianza nelle differenze, la visibilità delle persone lgbt è la prova che si stanno sbagliando, che escludono pezzi di realtà, storie, vite. Uno spiraglio di luce nella cecità del pregiudizio. Pensiamo al dibattito intorno alla legge sulle unioni civili: il coming out delle famiglie arcobaleno – il coraggio di mostrarsi insieme ai propri figli, la forza di gridare al mondo: noi esistiamo, i nostri bambini esistono, sono qui! – è stato il più commovente atto politico e la più rassicurante speranza per il futuro. Mettere al centro del nostro Pride il coming out significa anche stare al fianco delle persone lgbt sieropositive, a cui accade di subire forme di discriminazione non soltanto per l’orientamento sessuale, ma anche per la condizione di sieropositività: la libertà di dichiararsi sieropositivi senza subire discriminazioni è un indicatore che misura nel profondo il nostro progresso culturale: le nostre bandiere arcobaleno sventoleranno anche su questo fronte. Il PaviaPride 2016 vuole manifestare il desiderio della nostra comunità di essere parte viva e propositiva dentro una società che, per continuare ad avanzare sulla strada dell’inclusività, dell’eguaglianza, dei diritti, ha bisogno dell’affermazione della nostra differenza. Ripartire dal coming out significa consolidare le fondamenta della nostra battaglia, perché se è vero che il cambiamento è responsabilità di ciascuno di noi, è anche vero che per esercitare questa responsabilità abbiamo bisogno di essere liberi. Ripartiamo da qui: soltanto se le fondamenta sono solide, possiamo immaginare una casa abbastanza grande per tutti.