Care e cari tutti, forse lo avete già letto, ma a Pavia il 6 giugno si terrà la manifestazione Pavia Pride.
Il tema è sensibile al punto che un branco di barbari a cui non voglio dare nemmeno dignità di un post ha chiosato così. Ora, a prescindere da queste degenerazioni, non ho nulla di personale contro chi non condivide la politica degli Arci gay. Non ho nemmeno nulla di personale contro chi crede in Dio e nella Chiesa e vive un dissidio tra la sua coscienza e il credo cattolico. Rispetto il conflitto che può vivere. E ritengo che abbia ogni diritto a far valere la propria posizione: è la democrazia.
Detto questo io questo dissidio non lo sento. E sono felice che mia figlia cresca in una città dove essere gay o lesbica non sia una colpa di cui vergognarsi. C’è ancora molto da fare è vero – non mi spiego se no perché dal balcone di casa mia sento ancora i ragazzi delle scuole superiori che per insultarsi si dicono “oh ma sei gay?” – ma credo che tempi ormai siano maturi. Anzi, marci.
Marci dell’ipocrisia di chi dice, si va bene ma non è la priorità manifestare ora.
Marci di chi si nasconde dietro un dito per mascherare atteggiamenti discriminatori.
Marci di chi si scandalizza perchè al gay pride si vedono due chiappe nude, quando ogni giorno alla televisione ne deglutiscono valangate.
Marci di chi difende la “famiglia tradizionale” senza riempire di contenuti la definizione. Ma che è ‘sta famiglia tradizionale? Ditemelo. Cosa la identifica, cosa la rende pilastro della nostra società? Io le vedo franare tanto quanto le altre. E vedo coppie felici che non si sono sposate, ma si amano e si accudiscono fino alla vecchiaia. Ho visto tappeti di famiglie per bene sotto cui si sono nascosti “cadaveri”. Ho visto famiglie stare in piedi mascherando le peggiori ipocrisie. E di cosa parliamo allora quando parliamo di famiglia tradizionale? Delle famiglie dei nonni? No perchè io il machismo di mio nonno non lo rimpiango.
E poi entrateci voi nelle dinamiche delle coppie. A capire cosa fa si che due persone nel bene e nel male camminino vicino per decenni. Perché per me è un dilemma. Invece che di famiglia tradizionale parliamo allora di relazioni tra i sessi, di dinamiche di coppia, raccontiamoci la verità sull’amore. Non trinceriamoci dietro ipocrisie.
Ci sarò il 6 giugno perché credo che essere felici e amare chi si vuole non sia solo un diritto, sia un dovere verso se stessi e verso gli altri. E beato chi lo trova l’amore che lo rende felice. E se è del suo stesso sesso chissenefrega, se lo sposi e insieme diano un po’ di gioia a chi sta loro vicino. È semplicistico? Può darsi, ma dietro molti bizantinismi trovo troppe ipocrisie.
Credo sia quindi utile dire alle famiglie che hanno figli gay o lesbiche che se sono felici loro sono felici tutti. Che sono altre le cose di cui vergognarsi. E se volete ve le elenco. No dai scherzo… mi fermo 🙂 buona giornata
25 maggio 2015